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nell’acqua d’oro un grande ventaglio metallico e le gocce che stillava, rifrante dal sole obliquo, riflettevano tutti i colori dell’iride.

Il mugnaio s’avvicinò alla giovane signora e le si chinò sopra. Era scalzo, con le gambe sottili ignude, le braccia scoperte. I suoi occhietti verdi ridevano maliziosi:

— Se mi permette le dico due parole, — mormorò rispettosamente.

— Dite, dite.

Allora egli le raccontò molte cose interessanti: per esempio, che aveva tutti i denti, che pagava cento lire di ricchezza mobile, che la ruota si fermava con una corda, che la mugnaia era una donna timida, paurosa, e che era lei a voler star sempre attaccata alle costole del marito. Regina ascoltava, un po’ spiacente che il dramma da lei immaginato esistesse solo nella sua fantasia.

— Ecco, — disse il mugnaio, mentre non cessava di palparsi le braccia e di grattarsi un piede con l’altro, — io magari vorrei che la mugnaia stesse una quindicina di giorni, o un mesetto, lontana...

— Perchè? — chiese ingenuamente Regina.

— Ma... signora Regina... — proseguì l’altro, un po’ imbarazzato, grattandosi forte forte il piede. — Lei, anche lei, non ha figliuoli, vero? E ne desidera anche lei? E ne avrà, vedrà. Vedrà, ora, dopo un mesetto che è stata lontana dal suo sposo... Via, venga con me: le farò vedere come si ferma la ruota, — disse poi accorgendosi che s’era preso troppa libertà.

Regina lo seguì; il vecchiotto fermò la ruota con la corda: pregò l’ospite di toccare la farina,