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loso, beone, ripugnante; la giovine donna, ardente come i suoi capelli, intenta a pensieri ribelli e peccaminosi...

La barca carica di gente sfiorò la riva ed allora Regina riconobbe nella comitiva alcuni suoi conoscenti che la invitarono ad andare con loro nel molino a mangiare li gnocchi. Ella accettò.

L’acqua, rifletteva l’occidente rosso, le grandi nuvole d’oro, i boschi capovolti: un paese incantato pareva sommerso nel fiume. Regina ammirava, e taceva, ascoltando le chiacchiere originali della comitiva. Si parlava di spiriti. Il vecchio Joachin, ricco negoziante di grano, un omone dal viso pavonazzo e gli occhi tondi azzurri, una notte, mentre attraversava l’argine in carretto, aveva visto un cane bianco sbucare da un cespuglio e mettersi a seguirlo silenziosamente, ostinatamente.

Oh, chi poteva credere che quel cane bianco fosse un cane bianco? Era uno spirito.

E Petrin il barcaiuolo, una notte di luna, dal Po, aveva veduto passare volando sull’argine uno strano animale tutto lucente.

— Sarà stata una bicicletta, — disse il vecchio Joachin, battendo la pipa vuota sulla palma della mano.

— Sì, allora il cane era un cane!

Intanto la barca arrivò sotto il molino; il mugnaio s’affacciò tutto sorridente, e porse la mano a Regina.

— Ma benissimo! Che onore, signora Regina! Io la conosco benissimo, e questa è mia moglie che la conosce benissimo anch’ella.

La giovine rossa si tirò timidamente indietro con aria spaventata.