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glio, passava qualche gabbia1 il carrettiere biondo cantava sereno come un bambino, le ruote sollevavano diafane nuvole di polvere di un color lilla acceso dal tramonto.
Il gran fiume veniva dall’orizzonte tranquillo, svaniva nell’orizzonte tranquillo; passava calmo, luminoso, solenne, e pareva anch’esso felice e buono nella coscienza della sua forza onnipotente. La sua pace rallegrava la sua grande amante: la valle immensa. E la pace della valle immensa, la dolcezza degli orizzonti, tutta la grandiosa soavità dei paesaggi, dei boschi, delle rive, tutta l’emanazione di grazia di quello che a Regina dava l’idea di un Dio trasformato in fiume, compenetravano l’anima di lei. Le sembrava d’esser ridiventata bambina. Tutto, dentro e fuori di lei, tutto era bello, puro, poetico: il male ed il dolore eran migrati lontano, portati via dalle acque, fuggiti al di là dell’orizzonte.
Ad ovest il cielo colorivasi di un roseo vellutato fosco ed ardente: il Po veniva di là sempre più rosso e splendente, e sulle rive, verde e violaceo; i boschi s’allineavano neri su quello sfondo colorato, l’erba odorava.
Tutto ciò era bello, troppo bello; Regina se ne sentiva quasi triste, e fermandosi presso la riva per guardare una barca carica di gente che veniva giù da Cicognara, si domandava se tutto quell’incantesimo di pace non nascondesse qualche insidia, o se non fosse come le isole fittizie coperte da boschetti evanescenti, che il fiume cingeva amorosamente, pur riser-
- ↑ Carro speciale in uso nel Mantovano per trasportare i covoni di grano e le pannocchie di granoturco.