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dove i poveri sono inghiottiti come fuscellini dai vortici lucenti del fiume, — ma negli occhi scialbi dell’umile insegnante vide tanta luce di tenerezza, di sogni, di rimpianti, che ebbe pietà e non osò togliere al povero la sua unica ricchezza: l’illusione.

— È così brutto non illudersi più! — disse fra sè, mentre pensava che per quel giorno il telegramma d’Antonio non sarebbe più arrivato.


*


Col cader della sera la riprendevano i terrori puerili, i pensieri deformi: l’ombra l’avvolgeva, le creava intorno un’atmosfera glaciale ove tutto era tristezza, mistero, vertigine. Le pareva d’essere sospesa, così, sotto un cielo crepuscolare, diretta verso un paese introvabile, come le piccole nuvole che rassomigliavano ad uccelli violacei, migranti senza speranza di riposo. Il mondo antico, al quale era tornata, le appariva piccolo, triste, noioso. Non ci si stava più bene. Ma finalmente ella confessava a sè stessa una triste cosa: era lei che era cambiata, non il suo vecchio mondo.


II.


Quella notte sognò di trovarsi sull’argine, in compagnia di Marianna, la signorina di madame Makuline. Marianna era venuta a prenderla per ricondurla a Roma.