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perchè ella udisse, raccontando i progetti e i sogni dei suoi figliuoli.

— Insomma, bisogna che lavorino e che si conquistino il mondo, giacchè vogliono conquistarselo. Che farebbero qui? La maestra? Il maestro? Grazie tante!

— Ma non le dispiace mandarli lontano?

— Queste non son domande da farsi, signora Caterina! Son le viscere che si distaccano, quando i figli si distaccano dai genitori. Ma i genitori hanno messo al mondo i figli per farli vivere e non per vederseli vegetare d’attorno.

Andate, andate, figli miei, — aggiunse il maestro stendendo le braccia, con infinita tenerezza, — il nido resterà deserto, e il vecchio genitore finirà tristemente i suoi giorni, come del resto li ha cominciati; ma nel cuore, signora Caterina, ma nel cuore egli avrà l’immensa gioia di dire: io ho fatto il mio dovere, io ho insegnato ai miei figli a volare. Così avessero fatto con me i miei genitori! Ah!

Regina guardava sempre fuori; udiva le chiacchiere del maestro, udiva le risate e le voci fresche delle tre fanciulle che passeggiavano sull’argine, e vedeva il cielo impallidire, farsi diafano, roseo, poi quasi verdognolo, con piccole nuvole viaggianti che parevano uno stormo d’uccelli violacei. Ella cominciava a provare una irritazione sorda, indefinita, non sapeva perchè. Forse perchè le tre fanciulle ridevano e gridavano troppo, forse perchè il maestro diceva delle sciocchezze, forse perchè il fattorino non appariva nelle lontananze deserte dell’argine.

Il maestro trasse di tasca un taccuino e co-