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— Ma, — disse Regina, — dove le hai conosciute tu le dame dell’alta aristocrazia?
— Oh, se ne vedono dapertutto!
— Senti, se tu avvicinassi davvero una dama dell’alta aristocrazia ed essa si degnasse guardarti, tu resteresti gelata per il terrore e l’umiliazione.
Le altre ragazze cominciarono a ridere pazzamente: il maestro domandò:
— Dica, Regina, conosce lei la duchessa Colonna di San Pietro?
— E chi lo sa! Ci son tante duchesse a Roma!
— Per questa gran dama abbiamo una raccomandazione da una signora di Parma.
— Papà! — gridò Gabrie, rossa di collera e di fierezza. — Io non ho bisogno di raccomandazioni! Che possono farmi le grandi dame?
— Figliuola mia! — disse Regina con pietà ironica. — Son loro le padrone del mondo, e...
Qualcuno battè forte alla porta. Regina s’interruppe e impallidì lievemente, credendo fosse il fattorino biciclista che usava distribuire i telegrammi nei paesetti tra Viadana e Casalmaggiore. No, non era lui.
La sera cadeva; il cielo tingevasi d’un rosso ardente. Le tre amiche uscirono, e Regina rimase vicino alla finestra, scrutando le lontananze dell’argine in attesa del fattorino biciclista.
In fondo al salotto, il maestro e la signora Tagliamari chiacchieravano tranquillamente, ma di tanto in tanto rivolgevano uno sguardo a Regina, della quale vedevano l’inquietudine e la tristezza che ella, d’altronde, non cercava nascondere. Il maestro parlava ad alta voce