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per certe vie larghe e solitarie di Villa Ludovisi o del Macao: la luna spuntava dietro la cima d’un albero, e qualche volta Antonio era riuscito a fare uno scherzo a sua moglie, distratta, dicendole: «Ma guarda come è alta quella lampada elettrica!» Il profumo dei giardini fondevasi con la fragranza del fieno che veniva da lontano, e qualche trillo di mandolino inteneriva il cuore nostalgico di Regina. Sì, anche a Roma le notti son belle, quando il caldo non è ancora venuto e molta gente se n’è andata. Anch’ella se n’era andata, e chissà se sarebbe mai più ritornata laggiù: chi sa se Antonio la voleva più!

Vinta da questa paura infantile, a un tratto ella si fermò e quasi trasalì. Vedeva sul pendio dell’argine, abbandonata fra l’erba umida, la vecchia ruota di pietra, che aveva tante volte veduta nei suoi assalti di nostalgia. Ora, nel rivederla in realtà, si accorse di una cosa: precisamente in quel punto cominciava un sentierolino che attraverso un boschetto di giovani salici e di gaggie selvatiche conduceva al fiume: scendendo quella striscia molle e giallognola di sabbia, una sera dell’autunno scorso, nella penombra rossastra delle macchie, ella ed Antonio, che l’aveva quasi suggestionata cantandole la romanza dei Pescatori di perle, s’erano scampiati il primo bacio. Ed ora ella sentiva ancora la voce di lui vibrarle nell’anima:

Mi par d’udire ancora...

— Ecco forse perchè ricordavo sempre la