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I.
Il carrozzino un po’ sgangherato di Petrin il Gliglo percorreva l’argine verso Viadana.
Regina, seduta non molto comodamente fra la sorella e il fratello, che le erano andati incontro alla stazione di Casalmaggiore, chiacchierava e rideva, ma di tanto in tanto taceva e diventava triste, distratta.
Allora Toscana e Gigino, che provavano una specie di soggezione di lei, tacevano anch’essi imbarazzati.
La notte era calda: la luna, grande, rossa, appena spuntata sull’orizzonte d’un azzurro opaco solcato da lunghe e sottili nuvole grigiastre, illuminava con un chiarore suggestivo di fuoco lontano il fiume e i boschi immobili.
Voci lontane, che venivano dall’altra riva del Po, attraversavano di tanto in tanto il silenzio profondo del paesaggio: un profumo d’erba, acuto ed umido, inondava l’aria, destando mille ricordi nell’anima di Regina.
Ma una «cosa» strana avveniva in lei. Ora che ella era giunta, che era nel luogo della sua nostalgia, nel rifugio sognato, l’anima le sfuggiva ancora. Come un tempo le era parso di portare a Roma solo la sua persona, e di aver lasciato sull’argine l’anima sua, simile a una