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gando e ripiegando una gonna che non voleva stare ben distesa nella valigia, — è proprio vero che in due anni la nostra posizione migliorerà? E anche se migliorerà un pochino, sarò forse contenta? Non ricomincerò questa stessa vita... che durerà sempre... sempre... fino alla fine! Morire, andar via davvero, ma sì! Almeno allora non si avrà la seccatura di fare questa maledetta valigia. Va, — aggiunse con rabbia, dando un pugno alla gonna, spiegandola e buttandola via. — Perchè anche tu non vuoi piegarti come voglio io? Va, perchè devo prenderti, del resto? Tanto, per chi dovrò essere elegante?

Si buttò sulla sponda del letto e cominciò a singhiozzare infantilmente. Mai come in quel momento le era apparsa tutta l’assurdità e la cattiveria del suo capriccio. Ancora le parve che tutto fosse menzogna in lei; che ella volesse soltanto far dispiacere al marito, così, per crudeltà istintiva, per vendetta puerile. Ma dopo un momento si rialzò e tornò a ripiegare la gonna.

Rientrando, Antonio la trovò ancora affaccendata attorno alla valigia.

— Aiutami a chiuderla, — disse Regina, e mentre egli si curvava per guardare la serratura un po’ guasta della valigia, ella aggiunse: — E se avvenisse uno scontro ferroviario ed io restassi morta?

— Speriamo di no, — egli rispose tranquillamente, esaminando sempre la serratura.

— E se, per esempio, restassi ferita? Se si dovesse trasportarmi in qualche ospedale e dovessi restarci molto tempo?

Questa volta egli neppure rispose.