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questo momento ho sentito di amarti e di essere legata a te per tutta la vita. Quando tu mi apparisti lassù, sull’argine verde, la cui linea tagliava come una lama tutto l’orizzonte dei miei sogni, io vidi in te appunto la personificazione dei miei sogni più belli... Da quanti anni io ti sognavo e ti aspettavo! E già questa attesa deliziosa cominciava a velarsi di tristezza, di paura, quando tu venisti. Tu eri per me tutto il mondo ignoto e meraviglioso che i libri, i sogni, forse anche l’atavismo, avevano creato entro di me; eri il turbine ardente della vita; la città coi suoi splendori: tutto ciò che di più folle e di più dolce la mia giovinezza anelava. Anche se tu fossi stato brutto, grasso, più povero di quello che sei, ti avrei amato lo stesso. Tu venivi da Roma, e questo bastava! Nè tu, nè alcuno di coloro che non sono nati e vissuti per lunghi anni in fondo ad una provincia, potrete mai immaginare ciò che l’ultimo degli impiegati della capitale, piovuto per caso in fondo a questa provincia, rappresenta per una fanciulla che sogna il mondo senza averlo mai veduto da vicino.

«Quante volte, passando per via Nazionale inondata di folla, io ho amaramente e beffardamente pensato, che se l’ultimo di quei borghesucci a spasso, il più anemico, il più meschino di quegli impiegatucci dall’anima incompleta, o disseccatasi come un frutto prima di esser maturo; uno di quegli individui che ora mi destano una infinita pietà, fosse passato sull’argine, davanti al nostro villino, avrebbe potuto destare in me una profonda passione! Tutta l’anima mi si rivolta di disgusto al solo pen-