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stessa, come poche ore prima s’era stizzita contro Antonio che «parlava come un bambino».

Arrivò dalla principessa con un umore aggressivo, ed entrò a testa alta, senza salutare nè guardare il domestico, che riceveva sempre lei ed Antonio con una certa famigliarità, rispettosa sì, ma un pochino umiliante.

Nei salotti di madame, sebbene fossero stati tolti i tappeti e le pellicce, c’era molto caldo: dai vasi di metallo una profusione di lilla spandeva fragranze intense, amare, quasi velenose.

V’erano soltanto due signore una delle quali chiacchierava con Marianna, parlando male di Roma. La ragazza, resa bruttissima da un ridicolo vestito rosso scollato, protestava ferocemente, minacciando di mordere la signora maldicente.

La principessa ascoltava, pallida, fredda, col grasso viso immobile. Appena Regina entrò, Marianna le si precipitò incontro gridando:

— Se poi venite ad aggiungervi anche voi, divento rabbiosa davvero.

Regina sedette avvolgendosi la coda dell’abito intorno alle gambe, come aveva visto fare da miss Harris, e saputo di che si trattava disse con un cattivo sorriso:

— Certamente, Roma è odiosa.

— Vi graffio! — gridò Marianna. — E sarebbe un peccato, perchè oggi siete così bella! Ora che avete arrossito siete più bella ancora. Il vostro cappello mi ricorda il cappello d’una granduchessa che vidi a Budapest.

— Roma è odiosa? — disse la principessa, rivolta a Regina, che sorrideva ironica per le