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— A te però! — ella rispose, pronta.

— Ora ti prendo e ti butto giù dalla finestra, perchè mi hai insultato! — egli scherzò, afferrandola alla vita. — Se mi manca il cervello, sei tu che me lo fai perdere con le tue stravaganze.


VI.


Stravaganze, veramente, ella non ne commetteva, ma i suoi discorsi diventavano sempre più strani, e se qualche volta divertivano Antonio, più spesso lo tormentavano.

Nella sua calma apparente Regina non sapeva abbastanza nascondere che un’idea fissa la dominava. A che pensava? Anche tenendola stretta fra le sue braccia, nel più tenero degli amplessi, Antonio la sentiva lontana, incommensurabilmente lontana da lui.

Nei luminosi e sonnolenti meriggi primaverili, mentre i due giovani sposi riposavano nel gran letto candido, Antonio ripeteva a sè stesso la solita domanda:

— Ma che cosa le manca?

Non erano felici? Dalla finestra socchiusa penetrava una luce soave che indorava le pareti. Una beatitudine infinita pareva regnasse nella camera velata di penombre d’oro, fragrante di vaniglia, cullata e non penetrata dai rumori di un mondo lontano. E Regina, a momenti, si sentiva vinta da quella beatitudine sonnolenta, da quella dolcezza profonda di camera nuziale. La