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— La penombra! Che orribile cosa la penombra! Ma perchè orribile? No; è qualcosa di peggio: è nojosa, è schiacciante. Meglio mille volte l’ombra, l’oscurità completa. Nell’ombra il dolore, la disperazione, la ribellione: ancora tutto ciò è vita; mentre nella penombra tutto è noia, miseria, agonia. Meglio essere mendicanti che piccoli borghesi: il mendicante può urlare, può sputare in viso ai felici della terra: il piccolo borghese tace; egli è un’anima morta, egli non può, non deve parlare. Che cosa vuole? Non ha già il tanto che un giorno avranno tutti? La sua quota è già fatta. Se egli chiede di più lo trattano da ambizioso, da egoista, da invidioso. Anche gli scemi lo trattano così!

— Le code di raso! I vestiboli verdi e ardenti come giardini allagati di sole, le automobili simili a draghi volanti! E i giardini, i bei giardini «intraveduti dai cancelli», i villini rosei nascosti sotto i tre pini, come sotto grandi ombrelli di merletto verde! Tutto ciò dovrebbe essere la realtà d’un giorno, della dimane che ci hanno promesso e che non arriva ancora! Invece tutto ciò sparirà; il mondo è piccolo e non può essere diviso che in due parti: il giorno e la notte, la luce e l’ombra. Un giorno, invece, tutto sarà penombra: tutti saranno come noi, tutti vivranno in piccoli appartamenti bui, con scale interminabili, e le strade saranno tutte polverose, percorse da tram puzzolenti, da torme di donnine borghesi che scenderanno a piedi, vestite con falsa eleganza, con gioielli di latta, con ventagli di carta, liete d’una commiserevole letizia. Nell’aria passerà la fragranza di violette immonde, portate da mani sudicie: tut-