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Spesso ella cercava di analizzare la sua nostalgia, domandandosi perchè ricordava la ruota di pietra, il vecchio scoparo cieco, il portiner1 quasi centenario dalle mani enormi pelose, le bimbe ritte presso il fosso verde intente a far treccioline di paglia, le chioccioline striscianti sulle foglie dei platani.

— Sono una sciocca! — pensava; ma mentre pensava così, sentiva improvvisamente un impeto di gioia all’idea di poter presto rivedere la ruota di pietra, il portiner, le bimbe, il fosso, le chioccioline.

E fuori pioveva, pioveva: Roma affogava nel fango e nella tristezza, e Regina sentiva desiderî di fanciullo feroce: che su Roma cadesse in eterno una pioggia di fango, costringendo la gente ad andarsene, ad emigrare! Ella tornerebbe lassù, verso i grandi orizzonti, verso le acque pure del fiume natìo; ella rinascerebbe, ritornerebbe ad essere Regina, uccello libero e vivo.

Antonio usciva e rientrava e la trovava sempre assorta nel suo sopore nostalgico, indifferente a tutto ciò che la circondava.

— Usciamo, Regina.

— No.

— Usciamo, che ti fa bene.

— Io sto benissimo.

— Non è vero. Sei sempre cupa. E tu non mi vuoi bene, ecco!

— Sì, e non ti voglio bene! Che colpa ne ho io?

Qualche volta, infatti, le pareva di avvolgere

  1. Il barcajuolo che fa tragittare il fiume ai passeggieri.