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tura, la sera di Santo Stefano, in un palco del Costanzi, e di averlo avvolto nel suo odio incendiario. Ora anch’egli s’annoiava. S’annoiava perchè scendeva in giardino, o scendeva in giardino perchè s’annoiava? Talvolta si fermava e tormentava i pesciolini della vasca, che pareva avessero un pazzo terrore del suo bastoncino; poi sbadigliava e, con la stessa distrazione crudele con cui perseguitava i pesciolini, batteva il bastone sui fiori, sulle glicine che impallidivano sui muri, sulle roselline, sulle margherite innocenti.
— Egli ha voglia di percuotere qualcuno, — pensava Regina, e s’accorgeva che anch’ella avrebbe volentieri tormentato qualcosa o qualcuno.
Nei giorni di pioggia, — frequenti e noiosissimi, — ella diventava triste fino all’ipocondria: un solo pensiero la confortava: il ritorno al suo paese. Contava i giorni e le ore; ricordi strani, rimembranze infantili, immagini lontane, le passavano nella mente come nuvole in un cielo triste. Piccoli particolari della sua vita passata le destavano tenerezze struggenti: ricordava nitidamente tutte le più umili persone del suo paese, tutti i cantucci del bosco e della sua casa; e con strana insistenza certe piccole cose che, vedendole nella realtà, non la avevano mai tanto colpita. Ricordava, per esempio, una vecchia ruota di pietra, d’un molino distrutto, abbandonata sul pendìo dell’argine: il ricordo della ruota grigia, che pareva riposasse dal suo lungo lavoro, in riva al fiume col quale aveva per anni ed anni lottato, commuoveva Regina fino alle lagrime.