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lotti della principessa, ove i camerieri passavano e servivano muti e automatici come macchine; ove tutto era bellezza, mollezza, splendore, e la luce stessa s’accendeva quasi per incanto.
Un giorno Antonio la condusse da un tappezziere, ed ella scelse i mobili per l’appartamentino di via Massimo d’Azeglio.
— Domenica andremo nell’appartamento e stabiliremo come collocare la roba, — le disse Antonio, ed ella cominciò a pensare alla fatica ed alle seccature che l’aspettavano.
— Pensare che avrò da combattere con la serva! — diceva a se stessa con terrore.
La domenica mattina si recarono nell’appartamento. Era agli ultimi di gennaio, una mattina pura e dolce; si sentiva già la primavera.
Regina salì di corsa i cento e più gradini, e quando arrivò, ansante e sudata, davanti alla porta del piccolo appartamento, si divertì a suonare il campanello.
— Drin, drin, drin!... Chi ci sta? Il signor Nessuno. Che piacere andar a stare col signor Nessuno!
Antonio aprì con una certa aria di mistero ed entrò per il primo: appena dentro si volse e cominciò a fare dei grandi inchini davanti a Regina.
Ella si guardò attorno meravigliata, poi disse con lievissima ironia:
— Io credevo che queste cose accadessero soltanto nei romanzi!
L’appartamento era completamente all’ordine: le cortine velavano le finestre socchiuse, il letto matrimoniale biancheggiava fra due