Pagina:Deledda - Nell'azzurro, Milano, Trevisini, 1929.djvu/95


memorie infantili 91


Mi amavano, e specialmente la signora, la quale però finiva col darmi grandi dispiaceri. Poveretta! Essa si ammalava, deperiva lentamente di una misteriosa malattia; il suo corpo si vuotava, le sue mani, i suoi piedi si deformavano, cadevano pezzo a pezzo, lacerandomi il cuore; il suo bel viso impallidiva, i suoi capelli cadevano, il suo naso spariva insieme col rosso delle labbra e col nero delle sopracciglia; solo gli occhi rimanevano vividi, sfolgoranti, sorridenti fra tutto quello squallore; e quando, dopo una lunga agonia, la mia bambola moriva, prima di sotterrarla con gli onori dovuti, nel camposanto tutto ombreggiato da un elce, vicino alle sue ave morte nelle sue stesse condizioni, io le cavavo gli occhi e li conservavo religiosamente assieme con gli occhi delle stesse sue ave: erano per me le anime delle mie bambole.

...E veniva la bambola nuova, ma che tristezza nel cuore, che vuoto, che desolazione nei primi tempi! Quella era una estranea a cui spesso dovevo rimpicciolire od ingrandire gli abiti della morta, e la sua fulgida bellezza non leniva che leggermente il mio dolore. Quando finalmente, posta in religioso oblìo la morta, me le affezionavo, pur troppo, un punto nero era già apparso sulla punta del suo nasino!