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78 nell'azzurro


C’è un’ombra vagolante in un angolo: è quella di un vecchio, un poveretto dalle gambe lunghe lunghe, col dorso ricurvo; un corpo che vive in equilibrio, ricoperto di poveri abiti grigi.

Egli prega, con le grandi mani secche giunte, col corpo dondolante. Un bimbo gli tira il grosso piede: egli non si muove. Gli tira il lembo lacero della giacchetta, e non si muove neppure. Dondola sempre: ha chiuso gli occhi: prega, pensa o dorme?

***

Siamo in una cumbissia (così si chiamano le stanzette terrene che circondano la chiesa). La stanza è lunga, irregolare, bianca. Un pezzo di grossa tela ingiallita sta inchiodato al finestrino, perché non penetri il vento: la luce è scialba, fumosa, pregna degli odori caldi delle vivande: si pranza.

Di solito si pranza sempre fuori, al fresco degli alberi; ma questa volta, poiché minaccia di piovere, si è apparecchiata la tavola dentro. Le tovaglie sono stese per terra; i piatti scintillano come se contenessero acqua; il vino tremola e rosseggia nei bicchieri, nelle bottiglie di vetro; colonnine di fumo caldo si alzano dai grandi vassoi colmi di vivande. Fra le masserizie, accanto a qualche cuscino