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pecora. E quando essi ritornarono trovarono la mensa imbandita al rezzo dei grandi alberi susurranti.

Il profumo dell’arrosto e del sanguinaccio cotto fra le ceneri calde saliva fino al cielo; il signor Giacomo trovò più deliziosi i maccheroni preparati da zio Francesco che quelli che aveva mangiato a Napoli; Azzo trovò più saporite le costolette preparate da Francesco che quelle mangiate a Milano; don Martino mangiò più ricotta in quel giorno che in tutta la sua vita, dichiarando ch’era migliore di quella... dell’isola d’Elba... Immaginatevi la contentezza del pastore.

Cicytella rideva sempre, saporitamente, convinta che tutte quelle lodi venivano tributate a zio Francesco per farlo insuperbire.

— Volete venire con me a Sassari, oppure a... Firenze? — domandò Azzo al pastore. — Sarete accettato come cuoco nei primari alberghi e sarete pagato come un generale! Volete venire?

Zio Francesco ebbe un lampo negli occhi, poi guardando Cicytella disse: — Oh, verrei... ma, a chi lascio in custodia la mia bambina?

Cicytella rise ancora; quel zio Francesco credeva a tutto!

Quando la tavola fu sparecchiata, quando Cicytella ebbe servito il caffè, Azzo e il signor Giacomo, sdraiandosi mollemente sull’erba, si scam-