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vita silvana 49


minato fantasticamente dalla luna, ritornò alla sua capanna.

Il suo gregge s’era ritirato nella mandria assiepata dell’ovile: i grandi cani vegliavano attentamente. Accolsero con festa la piccola padrona, ma essa non era allegra come sempre, ma essa non fece che passare la sua manina bruna e nervosa sul loro dorso, poi li lasciò.

Era molto triste; checché avesse detto, le parole di don Martino, le parole di Azzo le echeggiavano ancora nell’anima, vi destavano una bizzarra impressione. — Famiglia, parenti, città!...

Cicytella amava la sua vita silvana, pure, dopo la morte di Bastiano, aveva sentito vaghi desideri di vivere in compagnia, con altre fanciulle, con un altro babbo; — di madre non poteva desiderarne, perché era convinta che la sua era in cielo.

Si mise a passeggiare lungo la spianata, ove era posta la sua capanna, con le manine incrociate sul petto, ripensando alle parole di don Martino, rivolgendo ogni tanto uno sguardo alla sua casa, al suo gregge, al suo cielo, d’un azzurro argenteo e profondo, come fosse sul punto di abbandonarli.

La sua casa! Sì, era una casa bella e buona, fabbricata dal muratore, col tetto rosso sul quale cresceva il musco verde—giallo e delicato, con due stanzette e la sua buona porta e le sue buonissime