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vita silvana | 47 |
fra le altre cose Azzo le chiese se giudicava tanto male gli uomini per stare sempre lontana da loro.
— Zio Bastiano me li dipinse a foschi colori — diss’ella con un lampo negli occhi — ma se tutti sono buoni come quelli che conosco io, davvero che zio Bastiano s’ingannava.
— Allora, perché persisti nella tua idea di viverne separata?
— Ma... ora ci sono avvezza! Potrebbe lei, avvezzo a vivere nelle città, vivere in campagna? Ma no! Le piace venirci qualche volta, ma non restarci: anche a me piacerebbe di venire qualche volta in queste grandi, in queste belle città, ma non restarci!
— Oh, — esclamò Giacomo dopo che Azzo gli spiegò queste ultime parole, — chiedile se le piacerebbe vivere in città nel caso che ritrovasse i suoi parenti, il suo babbo...
Azzo domandò: Cicytella diventò triste.
— Il mio babbo è morto! Io non ho parenti, non ho babbo! Oh, la mia mamma! Spesso sogno la mia mamma, bella, pallida, bionda, la mia mamma morta che mi dice: «Dormi, dormi, io veglio su te!».
Chi potrebbe descrivere il triste e melanconico accento delle sue parole? Lo sguardo che sollevò al cielo, limpido, sereno, confidente, e azzurro come appunto era il cielo che s’intravedeva tra le foglie