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vita silvana | 37 |
pensarono più a ciò: il villaggio fu di nuovo sottosopra.
Azzo, il brillante Azzo, ancor più brillante e rumoroso di prima col suo titolo di tenente, era arrivato d’improvviso.
Appena poterono trovarsi soli, sotto il verdeggiante pergolato dell’orticello di don Martino, Azzo afferrò le mani di Giacomo, e scuotendolo vigorosamente, esclamò: — Ebbene? Ebbene? Ebbene? Sembri pentito d’aver lasciato la tua Roma, la tua grande, la tua sublime, la tua rumorosa e splendida Roma, per venire qui, in questa povera e selvaggia e disabitata Sardegna, che non possiede che il verde delle sue terre, l’azzurro dei suoi cieli e l’ospitalità dei suoi abitanti.
— Non ne sono pentito! — esclamò sorridendo Giacomo.
— Hai visto quanto assurda è la triste fama che godono i Sardi, come uomini dal sangue ardente, dalle passioni feroci, propensi all’odio ed al delitto?...
— Ho veduto che qui quasi quasi non vi sono abitanti, e che i pochi che vi sono sono gente buona, forse troppo ignorante, ma ospitale ed inoffensiva.
— Va bene! Vedi il cielo...
— Immenso l’azzurro dei vostri cieli, — disse il pittore ripetendo la frase della lettera, — il verde