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34 nell'azzurro


Il pittore non capiva una parola, pure la voce, il tono, il ritmo grazioso dello stornello, scendente dal folto del bosco come un canto d’uccello, quasi confuso col profumo dei lentischi e delle rose montane, lo colpirono in fondo all’anima; cento confusi ricordi, come d’arie suonate al pianoforte da una mano a lui cara, vennero al suo pensiero.

Alzò la testa. In alto, in alto, fra le rupi verdi disegnate sul fondo azzurro del cielo come i merli di un rovinato castello, vide un punto nero che si muoveva speditamente come in una strada piana. Il pittore non udiva più nulla ma era sicuro che quella voce era scesa di lassù. Riprese il binoccolo, lo aprì e guardò. Quel punto nero era una piccola creatura, vestita di bruno, coi capelli biondi saettati dal sole, i piedini ben calzati, il viso sorridente fra i ricci cadenti e le rose che adornavano gli occhielli della camicia bianchissima ed increspata. All’infuori di questa camicia, tutte le altre vesti erano oscure, dalla gonnellina al corsetto aperto sul davanti, dal grembiale al fazzoletto appuntato sul sommo del capo, ma i cui lembi svolazzavano liberamente sugli omeri. Si fermò d’un tratto, i suoi occhi glauchi e profondi spaziarono per l’immenso paesaggio; mentre il pittore la fissava come una apparizione soprannaturale — forse un angelo del-