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vita silvana 31


cino alla croce del vecchio pastore, ricoprendola di corone di musco, d’edera e di fiori campestri.

***

Due anni dopo. Era una bella mattina di autunno: sul cielo limpidissimo, d’un azzurro profondo e dorato, splendeva il sole: sulle pianure le messi bionde ondeggiavano come un mare d’oro: sulle montagne la nebbia cerula e profumata disegnava bizzarri meandri, dietro cui scintillava il verde dei boschi. Un pittore era lassù, fra quei vapori, ritto fra le rupi e i lentischi e ammirava il paesaggio fatto incantevole dai colori smaglianti di quell’ora. Aveva ad armacollo la sua scatola da pittore e un grosso binoccolo, ma non pareva pronto a servirsi né dell’una né dell’altro. Si rodeva lentamente l’unghia del dito mignolo e pensava:

— Oh, amico Azzo, perché mi facesti venire qui? Tu mi scrivesti: «Caro Giacomo, tu dici sempre che sei disperato, che non trovi più nulla che ti sembri degno del tuo pennello di paesista. Ebbene, io torno da un viaggio nell’interno della Sardegna e... ti consiglio di andarvi anche tu». Poi mi descrivevi a lungo questo paese. Ricordo ancora alcuni brani. Sì! Sì! Eccoli: «E caldo di poesia, scorrendo sui poggi e sulle valli e levandomi