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18 nell'azzurro


palazzo, di qualche villa, cinti dalla verzura del giardino, veniva colpita da strane idee — forse indistinti e misteriosi ricordi — sull’interno di quelle case, di quei giardini, e s’immaginava mobili di velluto, di legno scolpito, grandi specchi dalla cornice d’oro, statue di marmo e cortine di lampasso e fontane artistiche e fiori assai diversi da quelli ch’era avvezza a vedere: vedeva infine con lo sguardo della fantasia tutto il lusso e l’agiatezza delle case dei ricchi signori, e ora invece nel visitare i palazzi del villaggio non ritrovava nulla, proprio nulla, di tutto ciò.

Aveva molto imparato perché la donna le aveva molto insegnato. Dopo venti o trenta lezioni sapeva tagliare e cucire bravamente la sua camicia e quella di Bastiano, la sua gonnella e i calzoni di tela di Bastiano, il suo corpetto e le ghette di albagio di zio Bastiano. Per gli altri indumenti le sue manine non erano ancora adatte essendo essi di scarlatto, di velluto grosso, e di grossissimo albagio, ma col tempo avrebbe fatto anche quelli.

Figuratevi la sorpresa di zio Bastiano, quando al ritorno dal suo lungo viaggio Cicytella gli mostrò tante belle cose fatte da lei; egli le propose di rimanere nel villaggio per seguitare i suoi studi, per viverci sempre se così le fosse piaciuto, ma a quella proposta ella si fece seria, triste. No, non avrebbe