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la casa paterna | 161 |
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Eccola lì ancora innanzi a me la mia cameretta. Non era bianca, come tutte le camere delle bimbe e delle fanciulle vengono descritte: non c’era quasi nulla di bianco, perché io, col mio carattere bizzarro, direi volubile, di ragazza chiassosa e fantastica, non amavo i colori uniformi, languidi, sbiaditi. Se avessero dato retta a me quando addobbarono questa cameretta destinandola alla signorina, che ero io, ne avrebbero fatto un arcobaleno. Volevo le pareti verdi, il soffitto color viola, il lettino con le coperte azzurre, il tappeto giallo, le tende rosse, il tavolino da lavoro di legno nero, le sedie grigie e color rosa...
Mi lasciarono dire e tinsero la vôlta d’un azzurro chiaro, delicato, con fiorami bruni agli angoli, e tappezzarono le pareti con una carta dello stesso colore, quasi del tutto coperta da un mondo di piccoli fiori, piccole farfalle, piccole foglie colorate, intrecciate, infinite...
Le tende erano di merletto bianco.
Il letto poi era tutto color rosa: una vera meraviglia! E le sedie, gli sgabelli, la toilette, il tappeto, il tavolino da lavoro... tutto infine era intonato ai colori dello sfondo.
Il tavolino! Come lo avevo desiderato, il mio