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158 nell'azzurro


Indovinerete voi il tremito della mia mano nel sospingere quell’uscio — il tremito del mio cuore nel ritrovarmi in quella camera quando vi dirò che questa era la mia camera?

Sì, voi che ricordate la vostra cameretta lasciata da tanti anni, che, fra le sue pareti, lasciaste tanti sogni, tante illusioni, tante rose che il tempo sfogliò; nel ricordare questi sogni, queste illusioni, queste rose voi intenderete la profonda emozione che provo nel rimettere il piede in questa camera.

Sempre oscurità e odore di chiuso.

Il mio primo moto è di correre alla finestra ed aprirla: una volta c’erano otto passi dall’uscio alla finestra, li contavo ogni giorno: ora i passi sono ridotti a cinque.

Hanno forse rimpicciolito la mia camera? No, è chè io sono cresciuta! Una volta arrivavo a stento al davanzale, alto alto, onde davanti alla finestra tenevo sempre uno sgabello; ora sovrasto di molto il davanzale. Hanno forse abbassato la finestra? — No, son io che sono cresciuta! E come son cresciuta! Ma son vecchia! Dio mio, un tempo questa camera mi sembrava grandissima, mi sembrava un impero, un mondo: ora è piccola piccola: mi sembra che alzando le braccia tocchi la vôlta, che al-