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nina ci conduceva nella sua camera, davanti al caminetto acceso, ci metteva al suo fianco, su due sgabelli, e ci raccontava una storia, fiabe allegre e leggende terribili, storielle del suo paese, racconti letti o inventati da lei e persino le novelle delle Mille e una notte che sapeva a memoria. E noi zitti allora, — zitti solo a quel patto — tanto zitti che la voce di Giannina vibrava nel silenzio, come se ella fosse sola in quella camera. Mi ricordo ancora — io chinavo la testa sulle sue ginocchia e guardavo il fondo ardente del camino, sembrandomi che le brage colle loro bizzarre positure, colle loro ombre, coi loro profili, fossero i castelli, le grotte, i boschi, i paesaggi, le persone di cui Giannina narrava.

Vengono cento altre memorie che sarebbe troppo lungo narrare: pure, a proposito di leggende raccontate nelle sere invernali, vicino al caminetto, non posso passar oltre senza raccontarvene una.

Avevo pubblicato i miei primi lavori, i miei primi bozzetti, a quindici anni: prima di veder il mio nome stampato, fulgidi sogni, larve dai mantelli di raso, incoronate di fiori, avevano popolato la mia mente: erano i fantasmi della Gloria!

Figuratevi dunque il mio dolore, la mia rabbia, la mia delusione quando, nella mia città natia i miei primi lavori furono accolti in una scoraggiante