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la casa paterna 143


capelli: a me questa devastazione pare un sacrilegio.

Ah, Franceschino, Franceschino, non avrei mai creduto che la vendita della nostra casa dovesse recarmi tanto dolore...

Esco corrucciata, sbattendo l’uscio, quasi non avessi preveduto di ritrovare tutto così: getto uno sguardo alla cucina, alla dispensa, oscure, nude anch’esse, e salgo su...

Ecco un sorriso sulle mie labbra: questa stanzetta posta al di sopra del vestibolo era la camera da letto di Franceschino, era la nostra stanza di ricreazione!

Qui stava il lettino bianco, quel lettino che anche lui, Franceschino, fra gli svaghi della sua vita brillante e chiassosa, ricorderà con affetto, forse con rimpianto...

Qui era il suo tavolino da lavoro, pieno di libri, di quaderni, di calamai, di penne: il tavolino dello scolaro... Lì, dietro, c’era la tentazione, la grande tentazione che spesso, nelle ore più faticose del suo studio, quando non poteva trovare la soluzione di un problema, le date di un racconto storico, i confini di una nazione, gli faceva rivolgere la testa con un sospiro... forse lo aiutava sussurrandogli: «Fa presto e bene che t’aspetto!».

Erano i nostri giocattoli vecchi e nuovi, grandi e