pietra, facendo mille progetti, parlando di mille cose, sdraiata, nei tiepidi meriggi di primavera o di autunno, negli ardenti meriggi d’estate, all’ombra del pergolato, leggendo, fantasticando con gli occhi immersi nella serenità dei cieli azzurri, nelle lontananze velate dai pulviscoli del sole, sulle montagne che si stendevano innanzi a me addormentate anch’esse nel silenzio d’oro dei meriggi, col cuore pieno di affetti, con la fantasia piena d’indistinti e infiniti sogni colmi d’azzurro e di sorrisi, con l’anima inebbriata dalle speranze della vita.
E cento ricordi, cento rimpianti, mi costringono ad assidermi là, col capo stretto fra le mani, ove un giorno mi assidevo sorridendo, cantando l’inno della gioia e della speranza, guardando la vita col sorriso negli occhi, questa vita che sarebbe felice solo se non esistessero l’invidia, l’ignoranza, la maldicenza e l’ipocrisia...
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Ecco la sala da pranzo: le due finestre, alte, gotiche, guardano sul giardino: sono all’esterno incorniciate di pampini verdi che vengono fin sul davanzale, gettando nella stanza una deliziosa e fresca penombra. Lì, in una di quelle finestre era appesa la piccola gabbia azzurra di Pipy, il mio canarino, il mio piccolo amico gentile, morto per me, sì per