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ne stava quieto in camera, a testa bassa, con lo mani appoggiate al bastone. Ogni tanto Costantina correva da lui, chiudendo l’uscio del corridoio perchè i trilli di Salvador non arrivassero fin laggiù.
Una forte scampanellata la fece trasalire, mentre appunto mandava indietro il bambino che voleva introdursi nella camera del malato. Già gli sposi di ritorno? Aprì e una macchia rossa, un forte profumo di rose la colpirono.
— Manda la signora Bianchi, — disse un giovine cameriere vestito come un damerino. Salvador gli sorrise e Costantina dovette spalancare intera la porta, tanto il cestino delle rose era grande.
— Son vere? — ella domandò a Salvador che già odorava e toccava le belle rose di velluto rosso più grandi del suo viso. Alcune pendevano fuor del cestino e parevano curvate dal peso stesso dei loro grandi petali carnosi come labbra.
Costantina le portò in camera del padrone, spingendo l’uscio col piede: all’urto il vecchio si scosse; sollevò gli occhi smorti e all’improvviso, come riflettendo la porpora delle rose, il suo viso si colorì e persino il bianco dei suoi occhi si venò di sangue.
— Le manda una signora ricca, la signora Bianchi....
— È amica nostra, — disse Salvador con orgoglio, senza però avanzare dall’uscio.