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I.

Un palmizio le cui foglie sembravano lame di spade arrugginite dal vento marino, sorgeva tra l’ultima casetta del villaggio e la landa che finiva col mare.

Il villaggio pareva disabitato, e ad accrescere quest’impressione non mancavano qua e là alcune rovine coperte di musco giallastro e popolate di lucertole. Anche i muri della casetta del palmizio e quelli del cortile che la fiancheggiava, si sgretolavano e si slabbravano; e intorno alle finestruole dalle imposte scolorite si scorgevano le pietre rossiccie.

Ma intorno era una infinita dolcezza di paesaggio orientale; nuvole rosse come fiamme solcavano il cielo verdognolo del crepuscolo, e fra una macchia e l’altra di tamerice appariva dietro la linea verde della brughiera, e la linea dorata delle dune lo sfondo violetto del mare.

Qualche uccello palustre solcava l’aria col petto iridato che pareva riflettesse i colori del paesaggio e del mare, e la brezza aveva l’odore delle alghe e dell’asfodelo.