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rita e non si seppe più nulla di lei. Bisognava pensare alle faccende più urgenti. Lo zio Asquer brontolava accorgendosi che qualcosa di spiacevole succedeva intorno a lui. Fremente, con gli occhi torvi scintillanti, Costantina lo aiutò ad alzarsi, lo lavò, lo vestì, e dopo averlo adagiato sulla poltrona gli fece un inchino, coi pugni sui fianchi.

— A quanto pare vostè non può fare a meno di me! Costantina mala, Costantina stupida, e intanto non si può andar avanti senza Costantina. E se io scappo, come si fa, vostè, dica, per piacere?

— C’è Lia, — egli rispose infantilmente.

Ella replicò gli inchini, facendo cenni di saluto con la testa.

— C’è Lia, vero? Sì, c’è Lia! Vostè so l’ha fatta venir qui per riserva, sì; ma crede lei che signoricca sia un pezzo di sughero? E di carne o d’ossa, anche lei, ed è giovane, ed è bella, e ha il diritto di fare quello che fanno lo altre. Quanto vuol scommettere vostè, che scappa anche signoricca? Qui non si può più vivere.

Il vecchio non sopportava queste scene; cominciò a battere il bastone per terra, e il suo viso si contrasse tutto da un lato, dolorosamente.

— Se essa sca.... f.... f.... scappa, — gridò con angoscia e con rabbia, — la colpa sarà tua!... E, e.... io....

— La colpa sarà mia? — ella disse ridendo