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Costantina origliava dietro l’uscio e i suoi grandi occhi neri brillavano nella penombra, maliziosi e sognatori. Quando il padrone la chiamava e la interrogava sospettoso, per vendicarsi della diffidenza di lui, ella s’attardava nella camera lasciando liberi gli innamorati: Justo naturalmente ne profittava per stringer a sè la fidanzata riluttante e baciarla sulle labbra. Ma neppure allora Lia si sentiva unita a Justo come aveva sognato; il pensiero dello zio che soffriva, e tutto ciò che v’era di ignoto e di estraneo a lei nel passato del vedovo, la separavano da lui.
In marzo egli stette alcuni giorni a letto con una lieve bronchite, e Lia andò a trovarlo nella sua camera. Allora lo sdegno geloso lungamente represso della signora Rosario scoppiò implacabile: senza dirne il motivo ella dichiarò che se ne sarebbe andata alla fine del mese; e siccome Justo si lamentò con Lia, Costantina al solito si immischiò nella faccenda e dopo aver tentato invano di convincer la mulatta a rimanere, la caricò d’insulti e minacciò di romperle la testa. O per paura delle minaccie o per vendicarsi dello offese, la governante se ne andò all’improvviso, prima del giorno fissato.
Costantina s’incaricò di accompagnare Salvador a scuola, e si aggirò tutto il giorno nello strade attorno a via Sallustiana con la speranza d’incontrar la mulatta; ma la donna era spa-