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letto al vecchio; poi cercò di adagiarlo a testa bassa sul divano. Il bastone scivolò sul tappeto e Lia si chinò, lo raccolse, levò i cuscini che ingombravano il divano: nè lei nè Justo pronunziarono più una parola.

Quando il vecchio fu adagiato alla meglio, il vedovo uscì rapidamente per andare a chiamare un medico; allora Costantina entrò, si accorse della disgrazia e il suo grido acuto risuonò per tutta la casa.

V.

Lo zio Asquer visse ancora qualche mese, ma quasi completamente paralizzato: non riusciva che a far qualche passo, sostenuto da Lia e da Costantina, e parlava a stento. Spesso, irritandosi contro la sua impotenza, arrossiva, batteva il bastone per terra e piangeva infantilmente di rabbia.

Ormai la maschera era caduta; egli non fingeva più, non lottava più, vinto dalla fatalità misteriosa tanto temuta e invano scongiurata.

Del matrimonio di Lia non si parlava più; pareva che lo zio Asquer avesse completamente dimenticato la visita di Justo, il discorso interrotto in modo così tragico; e i fidanzati, quasi presi dal rimorso di aver causato loro la disgrazia, e d’altronde sapendo l’infermo condannato