Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/71


— 65 —

e nello sforzo il suo viso si contraeva più del solito, con macabra ironia.

Se la nipote usciva sola, al ritorno erano domande aspre, dispettose, allusioni a un suo possibile incontro col vedovo; più di una volta ella trovò le sue poche carte smosse e capì che lo zio aveva frugato in cerca di qualche lettera amorosa. Ella invece evitava Justo, e se incontrava il piccolo Salvador lo abbracciava arrossendo, vinta da un turbamento puerile, come se il bimbo fosse l’uomo a cui ella, senza volerlo, pensava continuamente.

Un giorno, in ottobre, andò sola a Villa Borghese, e sedette accanto alla fontana, nel medesimo posto ove per la prima volta il suo sguardo s’era incontrato con quello di Justo. Nulla era mutato intorno: pareva fosse la stessa stagione, col cielo azzurro sparso di nuvolette bianche, gli stessi preti rossi sul verde dei prati, gli stessi tipi di sognatori attorno allo specchio verdastro della fontana: ma Lia si sentiva mutata e le pareva che l’autunno fosse dentro di lei. Quante illusioni cadute! Chiudendo gli occhi le sembrava di vedere la figura della zia Gaina, sotto il palmizio, e ne ascoltava ancora le profezie.

A un tratto, però, una fiamma le colorì il viso e il suo cuore cominciò a battere con violenza. Salvador correva verso di lei e in fondo al viale

DELEDDA. Nel deserto. 5