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— È una testa di cane? Perchè non la metti fra i tuoi giocattoli?
— Io sono grande e non ho giocattoli.
— Che cos’hai, allora? Nulla? E perchè il tuo papà non ti compra una chitarra?
— Io non ho papà.
— Ah, io l’ho, sì! Eccolo, è quello, lo vedi? Volgiti, dunque!
Ella si volse, per compiacerlo, e di nuovo incontrò lo sguardo profondo dello straniero.
Mentre parlava, Salvador le si aggirava attorno, toccandole il cappello, i bottoni, i guanti; ma ella rispondeva a bassa voce ed egli finì con l’annoiarsi e tornarsene nel prato. Nell’andarsene, lo straniero salutò di nuovo e guardò Lia.
E per tutta la sera ella ebbe davanti agli occhi quel viso scuro, quegli occhi profondi. Nei giorni seguenti rivide spesso, dalla finestra, il bimbo e la governante mulatta; e ben presto si accorse che il vedovo ogni volta che usciva e rientrava, sollevava gli occhi, la guardava, e si volgeva anche, prima di svoltare in fondo alla strada. Allora ella provò una impressione di sorpresa gradevole, come uno che si trovi perduto in un deserto e all’improvviso sull’arida sabbia scopra l’orma d’un piede umano.
Tutto ad un tratto la sua solitudine si animò di sogni. Il vedovo non era il primo che la guardava; altri uomini, per le vie di Roma, la fissavano negli occhi, ma con occhi bestiali, e molti