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sui cappelli delle signore, e lo carrozze e i pedoni giravano e rigiravano, sparivano in fondo ai viali, riapparivano, come se in lontananza vi fosse una festa, ma in un posto che la gente, per quanto cercasse, non riusciva a trovare.
All’improvviso un piccolo grido risuonò alle spalle di Lia. Ella si volse e vide il visetto di Salvador dietro il tronco di un albero, e più in là, seduto sull’erba e con un giornale in mano, l’uomo vestito a lutto. Lia accennò al bambino di accostarsi, ma egli rideva e si nascondeva dietro il tronco, e solo quando ella volse di nuovo il capo verso la fontana, saltò sul sedile, alle spalle di lei, e le disse:
— Io ti avevo veduto e tu non mi vedevi!
Lui si volse e lo afferrò per la vita, montr’egli tentava di scappare.
— Fallo ancora, fallo ancora! — egli disse, prendendo gusto al gioco. — Io vengo di nascosto e tu mi prendi.
Ritornò dietro il tronco, saltò di nuovo sul sedile; e continuò il gioco finchè una voce calma e lenta non lo richiamò: allora Lia si volse e incontrò gli occhi pensierosi e malinconici dello straniero. Ottenuto il permesso dal padre, Salvador ritornò e andò a esaminare il bastone dello zio Asquer. E lo zio Asquer non sollevò gli occhi dal giornale, ma intuì il pericolo e strinse il bastone fra le gambe. Salvador tornò da Lia.