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mane appena, Lia, ma credo che le cose ti sieno già apparse nel loro vero aspetto. Se io ti avessi veduto scontenta, non avrei esitato a dirti: riparti, e restiamo amici. Ma ti vedo tale e quale come quando sei arrivata, tutt’altro che pazzamente allegra, ma certo più allegra di quanto dovevi esserlo laggiù, nel deserto. Tu sei sempre eguale a te stessa, come un cielo sereno: talvolta qualche nuvola passa attraverso questa serenità un po’ melanconica, ma svanisce subito senza lasciare ombra. Tu sei diversa dalle altre donne, Lia, permettimi che te lo dica: se tu fossi stata come le altre, io non ti avrei parlato come ti parlo. Non so se il tuo carattere farà la tua felicità; certo farà quella delle persone che dovranno vivere con te. Io non godrò a lungo di questa fortuna; ma finchè vivrò, se tu mi starai vicina, mi parrà di poter sperare ancora.... E adesso devo dirti una cosa, Lia: io non sono ricco. So che non te ne importa niente, ma importa a me. Avrei potuto mettere da parte qualche cosa, ma non l’ho fatto; ho passato la vita da egoista, pensando sempre a me; e quando uno pensa molto a sè, di solito gli altri lo abbandonano, sicuri che egli basti a sè stesso. Allora egli finisce col credersi assolutamente solo, come un eremita nel deserto, e nulla più esiste per lui tranne che lui stesso. Io sono abbastanza ricco per me, Lia: io ho una buona pensione; ma morto io nulla rimarrà. Che farai tu, allora?