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tappeti, rimise in ordine la camera. Lia si presentò, offrendo umilmente il suo aiuto, ma lo zio la respinse.

— Perchè pago, allora? Se tu l’aiuti, quella canaglia non fa più niente!

Costantina sospirava: finse di asciugarsi il sudore con la palma della mano e la scosse e disse:

— È sangue, è sangue, come quello di Cristo! Pazienza!

Finalmente prese il cestino e andò a far la spesa, Lo zio Asquer guardò con gli occhiali se i pavimenti erano puliti bene anche sotto i mobili, se dietro gli sportelli e gli usci c’eran tele di ragno; andò di camera in camera, lentamente, rimettendo in ordine gli oggetti spostati dalla serva; e solo quando si assicurò che nulla mancava e tutto era a suo posto parve calmarsi e uscì. Tutte le mattine andava dal barbiere, e in attesa dell’ora della colazione vagava per le strade e per i giardini come un operaio disoccupato, fermandosi a guardare le costruzioni nuove, un cavallo caduto, le vetrine dei calzolai e delle mercerie: comprava i giornali del mattino e andava a far sosta nel giardino della stazione: seduto all’ombra, in un angolo solitario, sbuffava e leggeva, tirandosi ogni tanto i calzoni sulle ginocchia e mettendo in mostra le sue calze scozzesi e i nastri ben legati delle sue scarpette. Lì per lì s’interessava a quello che leggeva, ma