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devo fame? Ma, vedi, — proseguì, mentre Lia lo guardava con ingenua meraviglia, — le piccole tentazioni sono più forti delle grandi. Molta gente si rovina per il superfluo. Vedi tu tutte queste cosettine messe in fila, carine, graziose? Sai cosa sono? Te lo devo dire? Tanti piccoli nemici. E le donne specialmente, ah, le donne, come si lasciano vincere da questi piccoli nemici! Ma anche gli uomini, non dico! Uomini e donne siamo tutti e sempre bambini; abbiamo bisogno di giocattoli, e a furia di usarne consideriamo tali anche le cose serie e persino le persone. L’amico, per esempio, l’amante od il parente, che sono? Giocattoli, oggetti inutili, o tutto al più salvadanai graziosi, buoni a spezzarsi al momento opportuno.... perciò ti dico e ti ripeto: facciamone a meno.

Ella non rispose. Che poteva dire? Non s’intendeva di certe cose; solo le dispiaceva l’accenno ai «parenti salvadanai».

Arrivati in fondo a via Nazionale sedettero avanti a un caffè, e lo zio tese di nuovo il bastone e indicò una torre e raccontò la leggenda di Nerone.

— Era un ometto che aveva buoni rognoni, direbbe un nostro compaesano. Oh, dimmi un poco, tua zia Gaina è sempre pazzerella?

Oh, egli finalmente si ricordava! Lia stanca ma beata succhiava con voluttà il suo gelato, e guardava la torre, oscura sul cielo di raso az-