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pre assalita da un senso di ebbrezza guardava i ninnoli, i gioielli, i fiori, tentata di domandare se quelle grandi cose in colore del sole al tramonto, e quei garofani che pareva avessero preso parte a una tragedia, tanto erano schizzati di sangue, e i giaggioli in colore del mare lontano e le orchidee simili a fantastiche conchiglie, fossero fiori veri o artificiali.
Sì, tutto era vero e tutto sembrava fantastico, in quel luogo di meraviglie: anche le cose piccole ed inutili destavano piacere a guardarle.
— Tutti imbrogli, tutta roba inutile, — brontolava lo zio Asquer; ma intanto guardava anche lui, e gli anelli d’oro e i brillanti della sua mano sinistra morta e adorna come un cadavere, e i bottoni della sua camicia, e i ciondoli e il pomo del bastone brillavano riflettendo lo splendore delle vetrine.
Del resto Lia osservò che molte persone si fermavano a guardare con attenzione religiosa tutti quei fragili oggetti esposti come reliquie: un altro vecchio signore fissava coi monocolo una cravatta violacea delicata come un fiore: alcune donne s’aggruppavano davanti a un ombrello dal manico d’oro; e un raggio di adorazione, più che di desiderio, brillava negli occhi di tutti.
— Un tempo — disse a un tratto lo zio Asquer — io spendevo i denari in queste sciocchezze. Visto l’oggetto e comprato; ma quando lo avevo in mano mi domandavo: perchè l’ho preso? Che