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Gaina di esaminare lo strano oggetto, ripiegò la carta velina e svolse il foglietto azzurrognolo ingiallito dal tempo e che conservava ancora le traccie delle ostie color di rosa con cui era stato chiuso in forma di busta.
«Caro Luigi, è inutile e doloroso insistere. La fatalità ci ha fatto conoscere troppo tardi i nostri sentimenti. Io mi considero già come legata all’uomo che ha la mia promessa di fedeltà, e morrei prima di tradirlo. Addio, addio, perdonami: tutto dev’esser finito fra noi, in questa vita. Forse c’incontreremo in una vita migliore: questa è l’unica speranza che m’incoraggia a vivere. Addio per sempre
«Simona.»
La zia Gaina guardava, coi grandi occhi spalancati pieni di curiosità ed anche di malizia: vedeva Lia impallidire e arrossire come colta da vertigine, e, pur indovinando la causa di tanto turbamento, non riusciva a capire perchè la nipote non s’affrettasse a legger la carta bollata.
Quella, importava, non le antiche storie di gente oramai tranquilla nel «mondo della verità». Finchè siamo sotto, nel mondo della menzogna, attacchiamoci ai rovi e agli sterpi che ci aiutano nella salita. Che cosa c’era scritto nella carta bollata? E i denari, dove erano i denari?
Ella dovette ripeter parecchie volte la doman-