Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 311 — |
momenti da scherzare, quelli! E Lia tornò a curvarsi e sentì il suo cuore battere con violenza.
— Ecco, prendi quell’involto, quel tovagliuolo legato....
Lia si sollevò, con l’involto in mano, e stette a guardarlo finchè la vecchia non le impose:
— Apri, slegalo!
Lia lo slegò e trasalì, vinta da una specie di allucinazione: le pareva di rivedere la camera dello zio Asquer, un cestino di rose sul tavolo, il vecchio chino su un cassetto aperto e dentro il cassetto una busta gialla con cinque sigilli rossi. La stessa busta stava adesso, ancora sigillata, entro il tovagliuolo grigiastro tolto dalla cassa: Lia la guardò sorpresa, ma prima di aprirla, lesse una lettera ingiallita, sciupata e sucida che la zia Gaina aveva tolto di sotto al plico e che le porgeva con aria di mistero. «Alla signora Gaina Asquer». I caratteri, tremolanti e quasi illeggibili, erano quelli dello zio Asquer: Lia li riconosceva bene, e di nuovo le sembrava di vedere il vecchio davanti al suo tavolo, e Costantina che aspettava, complice fedele, per andar ad impostar le lettere ad insaputa di signoricca.
S’avvicinò alla finestruola e lesse:
- «Cara Gaina,
«Saprai forse che nostra nipote Lia vuol sposarsi con un uomo assai più vecchio di lei, uno