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— Perchè piangi, mamma? Eppure questa casetta è bellina. È tua, vero? C’è il pozzo, ci son le galline: vuoi venire a vedere?
Lia si lasciò condurre: ecco il cortiletto recinto da una muriccia a secco, sopra cui si delinea la brughiera verde e rossiccia e al di là della brughiera il mare lontano, azzurro sotto il cielo cinereo: ecco il pozzo coperto di muschio, la tettoia di frasche sotto cui si riparano le galline polverose: ecco la camera della zia Gaina, tinta di calce, con i canestri ed i vagli appesi alle pareti, il letto di legno, la cassa antica incisa, la botola che conduce in soffitta. In capo al letto pende, coi ceri e le croci di palma ornate d’oro come croci bisantine, una conocchia di legno d’olivo, su cui stanno incisi i simboli cristiani, il pesce e la colomba, e che termina con tre dita che fanno le fiche contro il malocchio.
E infine ecco la cameretta di Lia fanciulla. La zia Gaina l’ha rimodernata, ha messo due lettini di ferro con le coperte bianche, una zuccheriera di cristallo sul tavolo, quadri alle pareti: in uno di questi, tutto rosso e azzurro, San Giacinto con una Madonnina di marmo in braccio attraversa a piedi un mare agitato: in lontananza si scorge una città in fiamme.
Lia guardava pensosa, rassomigliando il suo passato a quella città bella e maledetta: tutto incenerito! E lei, lei come il piccolo santo, è fuggita attraverso il mare portando in salvo il freddo simulacro della sua virtù.