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— Egli non era bello, ma aveva un ottimo cuore.... Egli ti voleva bene, rosa mia; egli ti fece andare a Roma. Se tu gli avessi dato retta....

Lia corrugò la fronte.

— Che volete dire, zia?

— A quest’ora non saresti vedova, non saresti come l’uccello sul ramo, sola coi tuoi piccini....

— Zia! Egli non poteva impedire che il mio povero Justo morisse.

— Ma te ne avrebbe fatto sposare un altro, uno con un impiego fisso....

— Non bestemmiate, zia Gaina! — disse Lia, reprimendo un singhiozzo.

Ah, le pareva di soffocare. La casina coperta di glicine, con le invetriate, le terrazze, i fiori, il semicerchio luminoso del mare, tutto era ben lontano! Nella casupola dall’andito selciato di grossi ciottoli, dalla scaletta traballante, le camere basse e calde, pareva d’essere in un luogo di pena. Ella sentiva ad un tratto tutta la sua miseria, tutta la desolazione del suo destino, e piangeva con la disperazione di un sepolto vivo.

La zia Gaina pensava:

— Doveva volergli bene assai a quello straniero, se ancora lo piange così.

Intanto i bambini frugavano in ogni angolo della casetta, e ogni tanto correvano dalla mamma per comunicarle le loro scoperte. Vedendola piangere, Salvador la guardò meravigliato, poi le disse, timidamente: