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coli paesi solitari; figuriamoci nelle grandi città, dove inoltre non si crede più in Dio e non si usano neppure le più semplici precauzioni per tener lontano il demonio con le sue male arti.

Per conto suo la zia Gaina, nel preparare la camera per Lia e per i bimbi, aveva riattaccato la falce1 alla finestra e rinnovato la croce di palme in capo al letto.

Ma appena vide Lia alta e nera scendere dalla diligenza, nella desolazione della piazzetta che sembrava una fornace, le chiacchiere dei maligni le tornarono in mente. Lia sembrava una donna non solo vinta dalla Tentazione, ma anche stregata: un pallore terreo le oscurava il viso, i grandi occhi cerchiati, incavati, avevano un fosco splendore. I ragazzini, poi, con le ginocchia nude color legno di noce, i cappelli di paglia grandi come ombrelli, sembravano diavoletti veri e propri: o almeno ne avevano il colore e l’agilità.

— E perchè sei così, consolazione mia? — domandò la vecchia, esaminando da capo a piedi la nipote. — Hai avuto qualche spavento? E i bambini sono poco neri! Sembrano usciti da un forno.

— Siamo stati al mare, lo sapete! E la traver-

  1. La falce serve specialmente per il vampiro, che si indugia a contarne i denti; e siccome non gli riesce, poichè non sa contare che fino a sette, ricomincia sempre da capo, e così viene sorpreso dall’alba e costretto a ritirarsi.