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uomini! O zia mia, se sapeste com’è il mondo! Tutti aggrediscono una povera donna sola, come le fiere, nel deserto, assaliscono il viandante solitario. Io non ho nessuno a cui chieder consiglio, a cui rivolgermi; ed ho paura persino di me stessa, anzi di me stessa più che degli altri, perchè io sono la mia peggiore nemica. Qualunque cosa faccia mi causo del male; se rimango mi perdo, se fuggo mi procuro un’infelicità grande. Perchè io amo quell’uomo come non ho mai amato; sento che questa è la vera, la sola passione della mia vita, e tutto mi spinge a credere che egli sia sincero, che mi ami e sia infelice per causa mia».

Lagrime di pietà o di tenerezza ricominciarono a solcarle il viso arso; ma come la lettera allo zio Asquer, anche questa non partì mai.


III.

La zia Gaina aspettava con una certa ansia l’arrivo della nipote. Da qualche anno era diventata più strana del solito: non usciva quasi mai di casa, teneva la porta e le finestre continuamente chiuse e pareva avesse paura dei ladri o di altri pericoli.

I vicini la prendevano in giro.