Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 295 — |
*
Ma a un tratto gl’istinti atavici si risvegliarono in lei. Fuggire, nascondersi, come fanno tutti gl’isolani quando un pericolo li minaccia. La casetta fra le rovine, le camere della zia Gaina arredate di vagli e di canestri con la croce contro le tentazioni, le apparivano come un rifugio in un luogo inesplorato.
Ancora incosciente, arsa dalla febbre d’amore, cominciò a rimettersi il vestito nero, e si mise a scrivere alla zia, raccontandole puerilmente le sue inquietudini, come una volta aveva scritto allo zio Asquer.
«Io verrò da voi per qualche tempo, zia Gaina mia; finchè si smorzerà alquanto questo fuoco che mi arde e mi fa diventar pazza.
«Io ho paura di perdermi. Che accadrà di me e dei bambini che non hanno altri all’infuori di me?
«Egli non li ama; li odia, anzi, perchè sono un ostacolo ai suoi desideri. E so io cedo a questi, lo sento, ben presto egli si stancherà anche di me. Che accadrebbe allora? Sarei infelice più di quel che lo sono adesso. Lo so, lo so. Egli diceva di volermi bene come ad una sorella, ed invece mi voleva per amante. Tutti eguali, gli