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Ritornò sulla terrazza, e Lia, quando i bambini si assopirono, andò a raggiungerlo.
— Erano inquieti, stasera, — disse sottovoce. — È questo tempo che rende nervosi....
Egli le prese una mano e non rispose. Appoggiati alla balaustrata, stettero alcuni momenti in silenzio; ma ella sentiva la mano calda ed umida di lui pulsare sempre più forte e aveva paura.
Il vento s’era calmato e la luna appariva tra le nuvole nere, ora come un occhio verdastro cerchiato di occhiaie livide, ora come una fiammella fra cirri di fumo. Gli alberi, immobili sul cielo nero e verdognolo, parevan sospesi sull’orizzonte, e i piccioni bianchi, sul pergolato, erano i soli punti distinti nell’incertezza delle cose intorno.
Questo mistero di cose, questo barlume equivoco, Lia lo sentiva anche dentro di sè. La gioia dei giorni scorsi era sparita per lasciar luogo a un’angoscia indefinita.
— Che farà, domani, tutto il giorno, con questo brutto tempo? — disse, per liberarsi dall’incantesimo.
Ma egli la prese per la vita, l’attirò a sè.
— Perchè parli così? Non sono venuto per te? Mi pareva di soffocare, tutti questi giorni, mi mancava l’aria. E tu, vuol dire, non hai pensato a me?
Ella cercava di scostarsi; ma all’improvviso